Alla sua seconda edizione, il congresso “Roma Caput Mundi”, organizzato dalla Scuola di Specializzazione in Chirurgia Vascolare ed Endovascolare dell’Università La Sapienza di Roma riunisce illustri professionisti provenienti da tutto il mondo, con l’obiettivo di mettere a confronto le esperienze maturate in tema di trattamento open e intraluminale della malattia vascolare.

Claudio Rabbia al Roma Caput Mundi
Nella sessione di lavori del 24 maggio su “Carotid arteries”, moderata dagli amici e colleghi Giorgio Biasi, Carlo Spartera e Frank Veith, il mio intervento dal titolo “Pushing boundaries in carotid treatment – the Roadsaver study” ha l’obiettivo di riferire sinteticamente sull’esperienza italiana maturata con l’impiego di uno stent carotideo a doppia maglia. Il vantaggio teorico di uno stent costituito da due maglie, una delle quali molto fitta, vantaggio che sembrerebbe confermato dai primi risultati, è quello di limitare il rischio che l’ateroma o il materiale trombotico responsabile della stenosi carotidea possa protrudere attraverso le maglie dello stent ed embolizzare nel circolo intracranico.
Nella seconda tavola rotonda “Peripheral artery”, prevista per il 25 maggio e moderata da Luca Di Marzo, Livio Gabrielli e Armando Mansilha, il tema sul quale sono chiamato a portare un contributo è “Femoral bifurcation – no room for endovascular approach?”. Il mio punto di vista mi porta a dire che se da un lato è opinione condivisa che la patologia ostruttiva della femorale comune e in particolare della sua biforcazione è quasi sempre di interesse della chirurgia aperta e non endovascolare, dall’altro non si può negare che il trattamento endovascolare, benché non garantisca risultati a distanza comparabili con la chirurgia aperta, può rappresentare un’alternativa percorribile in qualche caso, purché ispirato a un ragionevole bilancio costo/beneficio.